In queste poesie Dacia Maraini racconta la donna nelle sue infinite combinazioni: la patina luminosa che riflette l’occhio estraneo e l’antro oscuro che inghiotte inquietudini per sfamare mostri; le vicinanze e gli abissi nei rapporti femminili e le contraddizioni distorte e tenerissime nell’amore per l’uomo-padre-amante-figlio; la maternità come strappo nell’essenza stessa dell’essere donna ma anche come suo luogo sublime. Versi cupi, scritti in uno stile frammentario che funge da riflessione di sé, una sorta di flusso di coscienza a singhiozzi. Amarissimo e splendido.
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