In un momento di ubriachezza Torben uccide sua moglie. È un fatto innegabile, per il quale viene internato in un ospedale psichiatrico. Ma in una futura Copenaghen distopica, ossessionata dal conformismo e dall’assopimento dell’individualità a favore di un favoleggiato bene comune, non esiste il concetto di colpa o di responsabilità, e quello che Torben vuole dimostrare come un “fatto” diventa invece indefinibile, contorto e infine scompare. Un romanzo inquietante, in cui realtà e manipolazione si confondono fino a sovrapporsi, un’atmosfera cupa dove l’io galleggia in un torbido sopore. Affascinante.