Alle quattro del mattino il cellulare riprende vita. Anche se è una sveglia dimenticata dal giorno prima, Noga non interrompe la malinconica suoneria, inserita dall’amico flautista che non voleva essere dimenticato durante questo suo lungo soggiorno in Israele. Quando finalmente ricade il silenzio, Noga non si raggomitola nel plaid a quadri dei suoi genitori per riprendere il sonno interrotto ma, manovrando con delicatezza le leve del letto elettrico, solleva la testa per osservare, ancora distesa, il cielo pallido di Gerusalemme, alla ricerca del pianeta al quale deve il proprio nome.
(Traduzione: Alessandra Shomroni)
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