Come chiunque altro, io non dispongo che di tre mezzi per valutare l’esistenza umana: lo studio di se stessi è il metodo più difficile, il più insidioso, ma anche il più fecondo; l’osservazione degli uomini, i quali nella maggior parte dei casi s’adoperano per nasconderci i loro segreti o per farci credere di averne; e i libri, con i caratteristici errori di prospettiva che sorgono tra le righe.
Costruire biblioteche è come edificare ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un possibile inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.
La parola scritta m’ha insegnato ad ascoltare la voce umana, press’a poco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue m’hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con l’andar del tempo, la vita m’ha chiarito i libri.
Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri.