La letteratura non ha messaggi né valori morali da proporre, e quando ne ha, si tratta in genere di cattiva letteratura. Il suo solo compito è di rappresentare la contraddittoria esperienza del tutto e del nulla della vita, del suo valore e della sua assurdità. La letteratura, i libri che la compongono, si limitano insomma a fornire un quadro, sta al lettore trarne, se ne ha la voglia e la possibilità, qualche deduzione che lo riguardi.
Insisto sul romanzo perché questo genere resta ancora oggi il più adatto a esprimere, attraverso una narrazione, sentimenti e vicende complesse.
Fra i libri, però, c’è di tutto, non solo i romanzi. Ogni tanto incontro dei tipi bizzarri, che dicono senza arrossire: «No, a me i libri non interessano». È il reciproco di quelli che affermano, intenerendosi: «Io amo tutti gli animali». Domanda: anche le piattole? anche i cobra? E i virus, a loro modo, non sono anch’essi animali? Dire: «I libri non m’interessano», a meno che non si tratti di analfabeti, è come dire: «Non m’interessano i computer». Libri e computer sono strumenti neutri, sta a noi scovare quelli che fanno al caso nostro, scegliere quelli adatti agli interessi, al gusto, alle esigenze nostre. Soprattutto riempirli, libri e computer, di contenuti nostri.
La vita contemporanea, all’apparenza così piena di luce (in tutti i sensi), contiene in realtà vaste zone d’ombra, dove solo la letteratura e le arti sono in grado di penetrare; sicuramente non riusciranno a illuminarla per intero, tanto meno potranno cambiarne il connotato, ma possono aiutarci a percepirne l’estensione e la complessità, il che sarebbe già un risultato notevole.