L’avvento della cosiddetta industria culturale ha messo sul trono un nuovo committente signore e padrone: l’editore. Malato di protagonismo come i prìncipi del Rinascimento, illuminato od ottuso, scialacquatore o avaro, colto o analfabeta, l’editore in prima persona, dopo avere promosso il passaggio dall’artigianato all’industria per adeguarsi ai tempi, in qualche modo ne è rimasto vittima. La complessa macchina industriale lo ha indotto a lasciare il bastone del comando a managers computerizzati, una nuova specie di protagonisti astuti efficienti e intelligenti, ma affetti da nomadismo endemico che li induce a lavorare senza prospettiva, contro i tempi lunghi della cultura e a favore di un perverso usa-e-getta che alla fine si ritorce, oltre che sulla cultura, sulla stessa industria editoriale.