Il capo del villaggio, un uomo sui cinquant’anni, era seduto a gambe incrociate al centro della stanza, accanto a un focolare scavato nel terreno in cui bruciava del carbone, e stava esaminando attentamente il mio violino: l’unico oggetto, nel bagaglio dei due “ragazzi di città”, quali eravamo considerati Luo e io, da cui sembrava emanare un che di estraneo, un odore di civiltà che insospettiva la gente del posto.
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