Chiamiamolo pure reliquia mutilata, quel brandello di tessuto sacro scritto in una lingua ormai scomparsa su un rotolo di seta che, vittima di una violenta crisi di follia, fu strappato in due, non da mani, né da pugnale o forbici, ma letteralmente dai denti di un imperatore infuriato.
Il mio incontro casuale con il professor Tang Li in una sala riunioni dell’Hotel di Pechino, verso la metà di luglio del 1978, e le sue rivelazioni su quel tesoro brillano ancora oggi come un piccolo cerchio di luce nel labirinto nebbioso e vago a cui sono ridotti i miei ricordi della Cina.
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