Stringata e tenera, sincera e diretta è la scrittura di Rigoni, il montanaro, il cacciatore, il soldato, l’uomo. Asiago è la sua terra, ne conosce ogni pascolo, sa le stagioni, parla con i crocieri, aspetta i caprioli, chiama per nome la neve. È lì che puntavano i suoi passi di ritorno dal Lager tedesco. Una raccolta di racconti sul silenzio della montagna, sulle tracce invisibili delle volpi, sulle cicatrici che lascia la guerra, sulla potenza fisica della memoria. Una scrittura che sa di nevischio e malga, uno scrittore da leggere e rileggere. Commovente. |
no, non è commovente, è doloroso! Mario Rigoni è un reduce, non dimentica mai d’esserlo. E come tutti i reduci ha bisogno di aggrapparsi perché vorrebbe dimenticare e non può. Mario Rigoni si è abbarbicato alla natura del suo altipiano, per ascoltare i suoni e la voce della vita minuta e silenziosa, per non sentire più tanto forte il fragoroso richiamo dei compagni che ha dovuto abbandonare e dei nemici che ha dovuto uccidere. Così fanno i reduci, che spesso scelgono il silenzio perché temono il rumore dei ricordi che continuano ad esplodere dentro la loro anima